La vicenda di Abou Elkassim Britel
Un'esemplare storia di integrazione
ABOU ELKASSIM BRITEL nasce il 18.4.1967 a Casablanca, penultimo figlio di una famiglia numerosa, con la quale vivrà poi a Sefrou e a Fes.
Consegue il diploma di maturità scientifica nel 1987 e si iscrive all'università "Mohammed Ben Abdellah" di Fes.
Le precarie condizioni economiche della famiglia lo inducono ad interrompere gli studi ed emigrare. Il 20 novembre 1989 arriva in Italia, a Bergamo dove si trovano altri connazionali della sua stessa città.
Ottiene un regolare permesso di soggiorno, in quanto da subito lavora regolarmente, e prende in affitto una casa nella provincia.
Studia ed apprende l'italiano con profitto, sempre continuerà a migliorare la propria padronanza della lingua del paese dove ha deciso di vivere
Nell'ottobre 1995 si sposa, nella Moschea di Segrate (MI), con Anna Lucia Pighizzini, entrata nell'Islàm con il nome di Khadija, e con la quale vive da due anni. Il 1 agosto 1996 la coppia contrae il matrimonio civile presso il Comune di Bergamo ed il 27 gennaio 1997 il matrimonio al Consolato Generale del Marocco a Milano.
Nel 1999 Abou ElKassim Britel acquisisce la cittadinanza italiana, al termine della lunga istruttoria prevista dalla legge.
Kassim cerca di migliorare la propria posizione, in quanto il suo diploma marocchino non è riconosciuto in Italia.
Da operaio generico in una polleria, diviene elettricista. Il 10.01.1996 sostiene la prova di accertamento di professionalità, presso il Centro di formazione professionale della Regione Lombardia E.N.A.I.P. di Dalmine.
Nel 2000 frequenta con esito positivo i corsi della Camera di Commercio di Bergamo, riconosciuti dalla Regione Lombardia per la "Somministrazione al pubblico di alimenti e bevande" e per il "Commercio di prodotti alimentari".
Segue inoltre corsi di informatica presso ENAIP e Centro EDA (Educazione Degli Adulti) di Bergamo.
Nel frattempo, con molti sacrifici, riesce a costruire a Kenitra, in Marocco, una casa per la madre e due sorelle non sposate, e provvede al loro mantenimento con il suo lavoro. Tutto questo insieme a due fratelli che lo hanno raggiunto in Italia.
Kassim frequenta la Moschea di Bergamo ed è benvoluto per il suo modo di agire riflessivo e pacato, rispettoso degli altri, che spesso ricorrono a lui per consigli o per dirimere questioni.
Con costanza studia l'Islàm, ed inizia a tradurre per sua moglie testi che non si trovano in lingua italiana e che sono di grande utilità per la conoscenza e la pratica della religione.
Così nasce l'idea di offrire queste traduzioni anche ad altri musulmani non arabafoni. Un computer e l'accesso ad internet, favoriscono l'attività che i due coniugi praticano in stretta collaborazione, lui traduce dall'arabo, lei rivede la forma italiana e questo comporta un continuo confronto per la difficoltà di rendere correttamente in italiano certi termini arabi.
All'inizio sono traduzioni di articoli e di brevi saggi, Kassim progetta e realizza un sito web sul quale ospita anche traduzioni di altri e che viene pubblicato nell'aprile 2001. Il sito Islàmiqra' traduzioni di argomenti e testi islamici autentici per l'istruzione e la diffusione dell' Islàm è ora aggiornato da Khadija, in modo discontinuo data la situazione.
Profondamente convinti della bontà e necessità del loro lavoro, Kassim e Khadija pensano ad un progetto più ampio ed importante, che richiede altre risorse di tempo e denaro. Da lì la decisione di dedicarsi part-time al lavoro fuori casa e di cercare anche finanziamenti per tradurre in lingua italiana il Tafsir di Ibn Khatìr – si tratta di un autorevole commento del Corano – ed altri testi fondamentali.
Kassim prende contatto con gli editori islamici in Italia, poi ritenendo che un viaggio abbia migliori possibilità di successo, decide di partire, è il 17 giugno 2001.
Ma …
Da quel giorno Kassim non ha più potuto far ritorno nella propria casa.
In breve, eccone le ragioni nel documento che segue.
La lettera di Khadija ad Arcireport pubblicata sul n. 17, pag. 8, del 9 maggio 2006 a seguito di un precedente articolo su Kassim nel n. 14, pag. 5.
Alla cortese attenzione del Direttore Enzo Piperno
Leggo l'articolo "Anche un cittadino italiano fra le vittime delle 'extraordinary renditions' della Cia, sul n° 14 dell'11 aprile 2006.
Sono la moglie di Abou ElKassim Britel e, nel ringraziarVi per l'articolo sul suo dolorosissimo caso e per aver sollevato l'interrogativo in merito al fatto se il Governo sapesse o meno, sul quale purtroppo non ho modo di esprimermi, vi chiedo di pubblicare questa mia.
Mio marito, che era in Italia dal 1989 senza mai esercitarvi il mestiere di muratore, non sparì cinque anni fa. Durante un viaggio, mentre era a bordo di un taxi nella città di Lahore subì un controllo di polizia. Alla vista del suo passaporto italiano, fu immediatamente trattenuto e brutalizzato. Così, il 10 marzo 2002, ebbe inizio questa terribile vicenda, il cui resoconto trovate nel rapporto della Fidh del febbraio 2004: les autorites marocaines a l'epreuve du terrorisme: la tentation de l'arbitraire.
Alle torture e ai pestaggi violentissimi – dovettero anche sospendere gli interrogatori per sottoporlo a cure mediche – seguirono altri interrogatori anche da parte di americani, inutilmente e ripetutamente egli chiese di essere messo in contatto con l'Ambasciata italiana. Alla fine, nel maggio 2002 venne caricato, legato e con gli occhi bendati su un aereo americano che lo condusse in Marocco, dove subì una detenzione segreta di otto mesi e mezzo, presso la sede della DST a Témara. Amnesty International dedicò a questo "ufficio" un intero rapporto nel giugno 2004: «Lutte contre le terrorisme et recours à la torture: le cas du centre de détention de Témara».
Effettivamente rilasciato senza accuse ed in cattive condizioni di salute, ottenne un documento di viaggio dalla nostra Ambasciata e fu fatto sparire di nuovo quando si presentò alla frontiera. Dopo quattro mesi di detenzione, ancor più pesanti di quelli già trascorsi, sempre a Témara, ebbe un processo sommario ed iniquo, complice anche il clima che seguì gli attentati di Casablanca del maggio 2003.
Di questo periodo tristissimo nella vita del Marocco, che ancora dispiega i suoi effetti sugli innumerevoli detenuti processati e condannati per terrorismo e le loro famiglie, testimoniano il partecipato sciopero della fame del maggio 2005, il dibattito ancora vivo nel Paese, nonché innumerevoli rapporti di Organizzazioni internazionali1
Oggi mio marito si trova detenuto nel carcere di Salè, solo un grande equilibrio interiore gli ha consentito di non cadere nella disperazione, nella follia o nell'autolesionismo, ma la sua salute è compromessa a causa di quanto subito. Per questo motivo e verificata l'impossibilità di pervenire ad soluzione di giustizia, il suo legale, avv. Mohamed Sebbar, presidente del FVJ (Forum pour la Vérité et la Justice), ha presentato una richiesta di grazia nel febbraio 2004 [in realtà si tratta del febbraio 2005], ma per il suo rientro in Italia sarebbe necessario l'interessamento diretto del Parlamento o di un'Autorità dello Stato, come mi è stato recentemente confermato dal Responsabile dell'ufficio preposto al Ministero di Giustizia marocchino.
Il caso di Abou Elkassim Britel è seguito, oltre che dalla FIDH, anche dalla sede londinese di Amnesty International e dall'AMDH (Association Marocaine des Droits Humains).
Mio marito è uno dei tanti, dei troppi che provano sulla loro pelle gli effetti della tanto sbandierata "sicurezza" in nome della quale i diritti più elementari sbiadiscono, al punto che stiamo correndo il rischio di dimenticarci di avene goduto.
Grazie per l'ospitalità. Cordiali saluti a tutta la Redazione ed in particolare a Silvia Baraldini Anna Khadija Britel
2 maggio 2006
Arcireport n.14 pag.5 formato pdf
Arcireport n.17 pag.8 formato pdf
FIDH – il caso Britel nel rapporto n° 379, feb 04
Si mettono a disposizione i seguenti documenti, scaricabili anche in altre lingue dai siti delle Ong – links nella nota 1 – che li hanno prodotti. In ordine di pubblicazione ed in formato pdf.
- citiamo ad esempio, i rapporti della FIDH, ottobre 2003: Observations et recomandations … Comitè contre la torture, di Amnesty International: Observations au Comité contre la torture (novembre 2003), i già menzionati rapporti della FIDH del febbraio 2004: les autorites marocaines a l'epreuve du terrorisme: la tentation de l'arbitraire e di Amnesty International: «Lutte contre le terrorisme et recours à la torture: le cas du centre de détention de Témara» di giugno 2004, il rapporto di ottobre 2004 di Human Rights Watch: Maroc: les droits humains a la croisée des chemins, i rapporti annuali dell' AMDH (Association Marocaine des Droits Humains), di A.I. e di HRW, nonchè del Dipartimento di Stato americano. [↩]